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Decadenza dalla concessione edilizia - sorte del contratto preliminare di vendita

18 May 2016

Nel caso in oggetto, il ricorrente stipulava un contratto preliminare con la società resistente, avente ad oggetto due appartamenti parte di un complesso immobiliare che la società avrebbe dovuto realizzare su un terreno di sua proprietà. Il prezzo veniva pagato per intero, con la facoltà di recesso per il promittente acquisto, con diritto di ripetere l'intera somma, sottoposta alla condizione del mancato rilascio, entro cinque anni dal contratto, di idonea concessione edilizia. Il titolo veniva rilasciato, ma l'edificio non veniva realizzato a causa della pendenza di contenzioso giudiziario instaurato dal proprietario del fondo confinante a quello del resistente per omesso rispetto delle distanze previste dall'art. 9 D.M. 1444 del 1969, nell'ambito del quale i confinanti avevano ottenuto un provvedimento ex art. 1171 c.c. di inibitoria dell'edificazione di quella parte di immobile in cui avrebbero dovuto sorgere gli appartamenti promessi in vendita. Il ricorrente chiedeva perciò, previo accertamento della intervenuta decadenza del titolo abilitativo rilasciato dal comune di Favara, dichiararsi la nullità del preliminare stipulato tra le parti. Il Tribunale di Agrigento, con sentenza 29 febbraio 2016, ha rilevato che in effetti, ex legge n. 10 del 1977, analogamente a quanto previsto dall'art. 5 D.P.R. n. 380 del 2001, il termine per l'inizio dei lavori non può essere superiore ad un anno; il termine di ultimazione, entro il quale l'opera deve essere abitabile o agibile, non può essere superiore a tre e può essere prorogato, con provvedimento motivato, solo per fatti estranei alla volontà del concessionario; l'omesso rispetto del termine annuale di inizio lavori e quello triennale di loro completamento è causa di decadenza del titolo abilitativo. Verificata quindi la decadenza tanto del permesso principale quanto di quelli successivi accessori, la sentenza ha confermato che tale decadenza, se vale a rendere abusive le opere nel frattempo intraprese sul fondo e dunque delle unità abitative promesse in vendita all'attore, non è certo idonea a comportare la nullità, per illiceità della causa (ex artt. 1819 comma 2 e 1343) del contratto stipulato. Considerato che con il contratto preliminare le parti hanno inteso obbligarsi al successivo trasferimento di unità abitative ancora da costruirsi, lo stesso negozio era volto alla realizzazione di una funzione in meritevole di tutela a norma dell'art. 1322 c.c., essendo valsa la successiva impossibilità di costruire l'opera per decadenza del titolo concessorio a rendere impossibile la realizzazione della medesima finalità. Si tratta di una circostanza idonea a rilevare sotto il profilo, non tanto dell'atto negoziale, quanto del rapporto giuridico scaturito da esso. Sebbene quindi il contratto sia valido sotto il profilo genetico, lo stesso è da ritenersi inefficace per effetto dell'esercizio da parte del ricorrente del diritto di recesso previsto dal contratto. Se infatti, tanto il permesso a costruire principale quanto quelli in variante concessi dal comune sono, a seguito della scadenza del termine di legge, da considerarsi inefficaci ex tunc, si è verificata una situazione assimilabile a quella di mancato rilascio del permesso che legittima, alla stregua di quanto riconosciuto dal contratto, l'esercizio del diritto di recesso.