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L'apposizione dei sigilli ai beni ereditari

05 November 2018

Aperta la successione può presentarsi il problema di custodire i beni facenti parte dell’eredità, in attesa che vengano devoluti agli eredi e legatari; la necessità si fa più sentita nel caso in cui il patrimonio del de cuius sia composto da diversi beni, in particolare immobili, e vi siano controversie sull’attribuzione degli stessi. ART. 752 C.C. A tale finalità risponde l’istituto dell’apposizione dei sigilli, disciplinato agli artt. 752 e seguenti del codice civile, in base al quale i chiamati all’eredità, come anche l’esecutore testamentario eventualmente nominato dagli eredi, la persona che conviveva col defunto, come anche i creditori di quest’ultimo, possono presentare istanza al Tribunale dell’ultimo domicilio del defunto, presso la sezione di Volontaria Giurisdizione. Con il deposito dell’istanza di apposizione dei sigilli si apre un procedimento non contenzioso, nel quale preliminarmente il giudice dispone la redazione dell’inventario dei beni facenti parte dell’asse ereditario. INVENTARIO DEI BENI Il pubblico ufficiale incaricato dal Tribunale di eseguire l’inventario deve redigere un processo verbale, nel quale vengono descritti in primo luogo gli immobili, mediante l'indicazione della loro natura, della loro situazione, dei loro confini, e dei numeri del catasto e delle mappe censuarie; oltre a ciò il pubblico ufficiale deve descrivere i beni mobili presenti nell’abitazione del defunto, il denaro contante, le eventuali scritture contabili relative all’attività svolta dal medesimo. In caso di contestazioni circa l’inserimento nell’inventario di qualche bene ne viene data menzione nel processo verbale. La legge dispone che il pubblico ufficiale, prima di chiudere l’inventario, deve interrogare coloro che avevano la custodia dei mobili o abitavano la casa in cui questi erano posti, se siano a conoscenza che esistano altri oggetti da comprendere nell'inventario. NOTAIO DESIGNATO L’inventario può essere redatto da un cancelliere nominato dal Tribunale oppure da un notaio designato dalla parte istante; egli agisce in qualità di pubblico ufficiale ed i suoi atti fanno pubblica fede fino a querela di falso. A tale proposito la corte di Cassazione si è occupata di un caso in cui in una successione l’ingente patrimonio ereditario era stata detenuto da uno solo degli eredi legittimi, convenuto in giudizio dagli altri eredi che chiedevano il rendimento del conto e lo scioglimento della comunione ereditaria. In quella sede, al fine di determinare il valore dei beni e la composizione della massa ereditaria, veniva redatto l’inventario da parte di un notaio, incaricato dagli eredi ricorrenti. La sentenza del Tribunale veniva impugnata dinanzi alla Corte d’appello, la quale osservava che l’inventario era stato redatto sulla base delle sole dichiarazioni delle parti, cosicché da detto documento non poteva ricavarsi alcun elemento in ordine alla effettiva titolarità dei beni in capo al de cuius e, quindi, in ordine alla loro appartenenza all'asse ereditario da dividere. VALORE DI ATTO PUBBLICO DEL VERBALE La questione veniva rimessa all’esame della Corte di Cassazione, che contestava l’assunto della corte d’appello, puntualizzando che, nel redigere l’inventario, il notaio è tenuto ad accertarsi della reale consistenza dell'asse, sicché l'atto da lui rogato acquisisce valore di vera e propria prova sulla consistenza effettiva del patrimonio relitto. Ciò deriva dalla natura pubblica dell'ufficio ricoperto dal notaio e dalla pubblica fede attribuita dalla legge agli atti dal medesimo rogati nell'esercizio della sua funzione (in tal senso anche Cass. n. 17266 del 2015). Secondo la Suprema Corte, quindi, l'inventario redatto dal notaio non può essere svalutato a mero atto riproduttivo delle dichiarazioni provenienti dai privati, come tale non adatto a dimostrare la effettiva titolarità dei beni ivi elencati in capo al de cuius, dovendo essere considerato, almeno fino a prova contraria, quale fonte privilegiata di convincimento in ordine alla ricostruzione ed all'ammontare dell'asse ereditario, al momento dell’apertura della successione.