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Il valore probatorio dell'estratto conto bancario

08 November 2018

L'estratto conto, richiesto dall'art. 50 TUB per la concessione del decreto ingiuntivo a favore delle banche, deve essere una indicazione analitica dei movimenti che portano come risultato finale al saldo; il saldaconto, invece (previsto dalla precedente normativa) è solo l'espressione numerica del saldo che scaturisce da diverse annotazioni in dare e in avere del conto. Il saldaconto è completamente differente dall'estratto di conto corrente. Quest'ultimo documento riproduce integralmente i dati annotati nella scheda del conto e relativi a tutte le operazioni affluite sullo stesso nel periodo al quale l'estratto si riferisce (addebiti, accrediti, rimesse di terzi, interessi attivi e passivi, etc.), con il saldo alla data di chiusura, ed è trasmesso al correntista per consentirgli di controllare l'esattezza delle annotazioni; il saldaconto è, invece, un documento nel quale viene indicato soltanto il saldo debitore del conto, senza che sia riportata l'evoluzione delle operazioni attive e passive che l'hanno determinato (Cass. Civ., Sez. Unite, n. 6707/1994). Solo un dettagliato estratto conto possiede requisiti di completezza e intellegibilità tali da consentire una contestazione consapevole delle risultanze del documento; un mero saldaconto è pertanto inidoneo a costituire prova per la concessione di decreto ingiuntivo (Cass. Civ. n. 13542/2017; Cass. Civ. n. 12935/2017; Cass. Civ. n. 12936/2017; per la giurisprudenza di merito, tra le altre, Trib. Torino 28.5.2013; Trib. Verona 2.12.2015). L'estratto conto certificato ex art. 50 TUB deve contenere tutte le voci a credito e a debito ricadenti nell'arco di tempo considerato, ivi compresi i diritti di commissione, le spese e le operazioni effettuate, gli interessi attivi e passivi maturati, le ritenute fiscali (Trib. Torino 28.5.2013; Trib. Verona 2.12.2015; v. anche Trib. Ravenna 8.3.2018, secondo cui l'estratto conto ex art. 50 TUB è proficuamente utilizzabile anche dalla società cessionaria del credito nell'ambito di una operazione di cartolarizzazione). È discusso se in sede monitoria sia necessaria la produzione di tutti gli estratti conto dall'inizio alla fine del rapporto. Parte della giurisprudenza, anche di legittimità (Cass. Civ. 2.8.2013, n. 18541), ha stabilito che in tema di prova del credito azionato da una banca mediante ricorso per decreto ingiuntivo, l’art. 50 TUB non richiede, stando al suo tenore letterale, la specificazione analitica di tutte le operazioni succedutesi sul conto durante l’intero arco del rapporto, giacché trattasi di norma improntata ad esigenze di semplificazione e agevolazione probatoria che risultano soddisfatte dalla mera esposizione del saldo finale, pur sempre portato da un estratto conto, per di più virtualmente ma efficacemente suffragata, per effetto della certificazione del dirigente, da tutte le scritturazioni dell’istituto relative al rapporto (App. Milano 4.4.2003; Trib. Verona 2.12.2015: la certificazione ex art. 50 TUB, pur dovendo essere analitica - mediante l’indicazione delle voci relative al capitale, agli accessori, agli interessi corrispettivi e moratori, ai saggi di interesse via via applicati ed infine al rispetto del c.d. tasso soglia - non deve affatto essere accompagnata dall’allegazione di “tutti” gli estratti conto, non essendovi norma alcuna che imponga siffatto onere alla banca, tanto più ove si pensi alla funzione agevolativa che detta disciplina speciale assolve in favore del sistema bancario; Trib. Ravenna 8.3.2018). Questa ricostruzione non convince una autorevole dottrina (Dolmetta), secondo la quale contentarsi della prova solo di un segmento temporale del rapporto significa, in buona sostanza, rinunciare ad esigere una prova effettiva del credito preteso dalla banca: occorre, al riguardo, un estratto completo del conto, come atto a coprire l’intero arco di svolgimento del rapporto tenutosi inter partes. La certificazione ex art. 50 TUB gode per legge del valore di prova scritta privilegiata idonea a soddisfare il requisito della prova scritta per ottenere un decreto ingiuntivo. Se si vuole contestare la veridicità dell’attestazione apposta dal funzionario in riferimento al credito della banca per come risultante dagli estratti conto ed azionato in via monitoria, lo strumento processuale della querela di falso appare corretto nella misura in cui essa abbia la finalità di ottenere il risultato di privare quel certificato del valore di prova privilegiata affinché non possa essere più utilizzato per ottenere un decreto ingiuntivo. Se però è contestato che gli importi risultanti dagli estratti conto sarebbero errati perché la somma esposta sarebbe la conseguenza dell’applicazione di interessi, commissioni e spese non dovuti o non dovuti nella misura richiesta, tale contestazione non può essere fatta valere con lo strumento processuale della querela di falso, poiché attiene all’esatto ammontare del credito e non alla falsità della certificazione del credito, in quanto la “verità” che predica l’art. 50 TUB è limitata alla corrispondenza tra il saldo contabile risultante dall’estratto conto ed il certificato sottoscritto dal funzionario (Trib. Padova 15.12.2017; Trib. Padova 5.2.2018). Estratti conto ed estratti conto scalari Solo la produzione degli estratti conto, a partire dalla data di apertura del contratto di conto corrente sino alla data della domanda o di chiusura del conto, consente di pervenire - attraverso l'integrale ricostruzione dei rapporti di dare avere tra le parti e con la corretta applicazione del tasso di interesse - alla corretta determinazione dell'eventuale credito del correntista e alla quantificazione degli importi da espungere sul conto; né può ritenersi che per la determinazione del saldo del conto siano sufficienti gli estratti conto scalari in quanto essi rappresentano soltanto i conteggi degli interessi attivi e passivi ma non consentono, di per sé, di individuare le operazioni che hanno determinato le annotazioni degli interessi e di ricostruire, in siffatto modo, esattamente tutti i movimenti effettuati nell'arco del tempo. Gli estratti conto scalari sono tecnicamente sufficienti per conteggiare gli interessi anatocistici applicati, ma non per l’accertamento relativo agli importi prescritti o la verifica dei criteri di imputazione ex art. 1194 c.c.; gli estratti conto scalari rendono infatti impossibile accertare l’eventuale prescrizione essendo in base ad essi impossibile verificare la natura solutoria o ripristinatoria delle rimesse non esistendo nessuna evidenza dei dati necessari alla loro qualificazione (App. Torino 7.10.2015; App. Milano 7.10.2015; Trib. Milano 23.3.2017; App. Milano 1.3.2018, secondo cui gli attori sono tenuti produrre gli estratti conto analitici, ossia i documenti contabili idonei a certificare in dettaglio le movimentazioni in dare ed in avere, essendo invece insufficienti i meri riassunti scalari trimestrali). L'efficacia di piena prova che il contratto di conto corrente attribuisce alle scritture contabili della banca non può essere estesa agli estratti conto, i quali non possono essere inclusi tra le scritture contabili, costituendo semplici attestazioni delle operazioni annotate in conto e dei movimenti a credito e a debito che ne derivano, la cui sottoposizione ad un'autonoma disciplina - dettata dall'art. 1832 c.c. e dall'art. 50 TUB, che ne circoscrivono l'efficacia probatoria a determinate ipotesi, subordinandola a specifici adempimenti - impediscono di attribuirvi la medesima valenza delle predette scritture (Cass. Civ. n. 28819/2017).