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Riparazioni di una casa in affitto: chi paga

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La Cartabia apre le porte alla valorizzazione del successivo pagamento del debito tributario

13 July 2023

La Terza Sezione della Corte di cassazione penale, con la sentenza 28 giugno 2023, n. 28031 prende atto che nella vicenda in esame – in cui si accertava un omesso versamento di circa 700 mila euro di IVA – assume rilevanza, ai fini della valutazione della gravità dell’offesa, la condotta susseguente al reato del pagamento del debito tributario, alla luce della modifica medio tempore apportata dal D.Lgs. n. 150/2022 all’ art. 131-bis c.p., come ulteriore criterio, accanto a quelli già contemplati, che nell’ambito di un giudizio complessivo e unitario il giudice è chiamato a valutare. La Suprema Corte ritiene il primo motivo manifestamente infondato. Si richiama la cristallizzata giurisprudenza di legittimità che, in tema di omesso versamento dell’IVA, ritiene non esclusa la colpevolezza del contribuente dalla crisi di liquidità del debitore alla scadenza del termine fissato per il pagamento, a meno che non sia dimostrato che siano state adottate tutte le iniziative per provvedere alla corresponsione del credito ( Cass. pen. sez. III, n. 23796/2019; Cass. pen. sez. III, n. 2614/2014). Per i giudici della terza sezione di Cassazione, le emergenze processuali non danno conto di quali fossero dette iniziative finalizzate alla corresponsione di quanto dovuto all’Erario. Al contrario è emerso nel corso dell’istruttoria dibattimentale che il modus procedendi dell’impresa fosse invece del tutto improntato, a operare mediante anticipo su fatture. Attraverso tale strumento finanziario, l’impresa cedeva alle banche con cui intratteneva i rapporti i propri crediti commerciali per ottenere in cambio immediata liquidità. Tale meccanismo escogitato dall’impresa costituiva il frutto di una precisa scelta di politica imprenditoriale che avrebbe consentito anche il pagamento del debito tributario, rientrando nell’intera posizione debitoria. Sotto questo riguardo, la crisi di liquidità non poteva considerarsi nemmeno improvvisa stante che il meccanismo di anticipo su fatture costituiva l’ordinario mezzo di finanziamento della società e non era legato al contingente periodo di crisi del mercato di auto e alla conseguente contrazione dei ricavi nel triennio 2010/2013. Il Collegio confuta pure l’asserito travisamento probatorio, legato alla mancata valutazione della scelta imprenditoriale di utilizzare la liquidità disponibile per garantire la continuità aziendale attraverso il pagamento dei dipendenti e dei fornitori. Richiamando la posizione interpretativa consolidatasi in ordine all’omologa fattispecie incriminatrice di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali (previsto dall’ art. 2 del D.L. n. 463/1983, convertito in L. n. 638/1983), si ricorda che il reato è a dolo generico (al pari di quello di omesso versamento dell’IVA) ed è integrato dalla consapevole scelta di omettere i versamenti dovuti (o, riportandoci al nostro caso, di omettere il pagamento dell’IVA dovuta all’Erario), ravvisabile anche qualora il datore di lavoro (qui l’imprenditore), in presenza di una situazione di difficoltà economica, abbia deciso di dare la preferenza al pagamento degli emolumenti ai dipendenti ed alla manutenzione dei mezzi destinati allo svolgimento dell’attività d’impresa, e di pretermettere il versamento delle ritenute all’Erario (o dell’IVA dovuta all’Erario). Era, invece, onere degli imputati ripartire le risorse esistenti all’atto della corresponsione delle retribuzioni in modo di adempiere al proprio obbligo contributivo, anche se ciò comporta l’impossibilità di pagare i compensi nel loro intero ammontare.